San Vincenzo al Volturno, la memoria storica è il solo strumento che fa rivivere il passato

Ho avuto la fortuna di ammirare la cripta di Epifanio con una guida eccezionale: la Signora Simona Carracillo, la quale mi ha fatto conoscere i vari momenti delle varie abbazie nei secoli, a valle delle bellissime cascate delle montagne di Alfedena e Barrea e poi delle acque del Volturno di Rocchetta che, dopo due lunghe condotte per produrre energia, si dirigono nel lago, controllate da una diga.

Planimetria del complesso

Chiunque si rechi a cercare l’Abbazia di San Vincenzo, noterà che è ancora piena di resti di colonne, di lapidi, di frammenti di epigrafi, e dovrà riconoscere che tali vestigia provengono sicuramente da edifici appartenenti ad epoche diverse.

Cascate del Volturno

Il Volturno, l’antico Volotrone, è il fiume più importante dell’Appennino, in posizione quasi equidistante tra l’Adriatico ed il Tirreno. I primi pastori Sanniti, che erano sfuggiti ad una grande carestia, scelsero questa piana, bonificata in seguito dai conquistatori Romani, e dai frati benedettini. Su un lato del colle, e nelle immediate vicinanze dei ruderi, infatti, c’è la prova di insediamenti precedenti a quelli più importanti del periodo Romano.

I Sanniti, infatti, spinti da quella grande carestia, e guidati da un toro, abbandonarono la loro terra, per cercare un luogo più favorevole. Sul colle, dove il toro si fermò, decisero, quindi, di fondare una città. Essi erano chiamati Sanniti per essere soliti portare lunghe lance sottili, in greco saunai, ed il colle, di conseguenza, prese il nome di Sannio, da cui il nome della regione.

Guerrieri sanniti

Sulla base di recenti scoperte, si può affermare, comunque, che sulla piana di travertino di Rocchetta , esistesse un nucleo abitato dal carattere non provvisorio, databile dal VI al IV secolo prima di Cristo, e sicuramente ad una epoca anteriore alla conquista Romana del Sannio.

Durante i lavori di sistemazione del giardino del palazzo abbaziale del nuovo San Vincenzo, è stato rinvenuto, infatti, un numero starordinario di sepolture, ricavate nel travertino, in modo da realizzare una serie di fosse, perfettamente rettangolari, orientate prevalentemente verso oriente. Il carattere di queste tombe, rinvenute intatte, è più che sufficiente per dimostrare, quindi, che non si tratti di sepolture casuali, proprio nell’area occupata dal monastero più antico, dall’altra parte del ponte della Zingara.

Ponte della Zingara

Chi abbia distrutto realmente Sannia, non è dato sapere. Certamente questa città fu conquistata da Scipione Barbato nel 298 a.C., come ebbe a ricordare ai posteri il figlio del console romano nel 259 a.C., nell’elogium sul sarcofago : Taurasia Cisaunia Samnio cepit.
Con la definitiva sconfitta dell’esercito sannitico, nel 295 a.C., con la demolizione di tutte le fortificazioni, anche della città di Sannia si perse ogni traccia fisica.

Girando attorno al colle, sulla destra del lago, sono da ricordare due piccole chiese del passato, erette su sporgenze del lago e scomparse: S. Maria in Insula ed il cernobio di San Laurencius in alia Insula.

Con la caduta dell’ Impero Romano, anche questa parte del territorio, però, subì profonde trasformazioni, ma, qualcosa rimase da parte della organizzazione della chiesa romana, se è vero che si era solito mantenere un vescovo in quel nucleo che ancora si chiamava Sannia. La tradizione vulturnense, infatti , testimonia che l’imperatore Costantino aveva ordinato la costruzione di una Basilica dedicata a San Vincenzo di Saragozza, voluta dal papa Simmaco, chiamata minore, per la necessità di sistemazione di un controllo sul territorio. Con ciò, viene così spiegato la presenza di Marcus Samninus, insieme ad altri vescovi come Proculeiano di Sepino, Lorenzo di Bojano, Pascasio di Volturno. Ma, ancora è sconosciuto il luogo esatto della Cattedra di Marco, che, tutt’al più si potrebbe spiegare con una ipotetica presenza bizantina di un Kasrtom Sanmion.

Soltanto, infatti, nella seconda metà del VII secolo, Paolo Diacono riprese a parlare di Sannia. Egli scriveva la sua Historia Langorbardorum, nel 787, a Montecassino, mentre, con l’Abbazia di San Vincenzo, iniziava il suo massimo splendore, durato circa un secolo.

Qualche anno prima, un altro illustre personaggio, Ambrogio Autperto, proveniente dalla Gallia, aveva tracciato le vicende della fondazione del cernobio vulturnense, raccontando, con dovizia di particolari, la storia di Pandone, Tatone e Tasone, che poi, fu integralmente riportata, circa quattro secoli dopo, dal Chronicon del Monaco Giovanni.

Paldo, Taso e Tato

Questo è di particolare rilevanza per la notizia secondo cui la antica chiesa di San Vincenzo risalirebbe al tempio di Costantino il grande, imperatore dal 306 al 337, che l’avrebbe voluta quando, passando vicino alle sorgenti del Volturno, di ritorno da Roma, gli apparvero in sogno S. Stefano. S. Vincenzo, e S. Lorenzo.

Costantino

Quest’ultimo avrebbe rimproverato all’imperatore di non aver dedicato a San Vincenzo di Saragozza alcuna chiesa, mentre si era ricordato degli altri due con le Basiliche edificate a Roma, ed a Capua. L’imperatore in persona, infatti, avrebbe indicato il luogo dove erigere la nuova chiesa, a mille passi dalla sorgente del Volturno. Nel sogno di Costantino si accenna anche, in un’altra parte del Chronicon Vulturmense, dove si dice che S.Pietro gli era parso in sogno, a proposito della fondazione di una altra chiesa ad opera del Re Desiderio, poco prima del 774, in cui è detto che San Pietro gli era parso in sogno e gli aveva indicato dove erigere una chiesa, a lui dedicata, (et Sannie, et Alidi ecclesianum in honore edificare).

Il culto di S. Vincenzo ebbe una importanza notevole nell’Italia meridionale per tutto l’alto medioevo. Nuovi elementi confermano la tradizione che trattasi di S.Vincenzo di Saragozza che subì il martirio intorno al 304, sotto la persecuzione di Diocleziano. Utile un documento di Sigeberto di Gembloux. Dopo la distruzione saracena del Cernobio nel 881, S. Vincenzo sarebbe stato traslato a Cortona, ed successivamente a Remiremont. Secondo la tradizione, S.Vincenzo sarebbe nato a Huesca, in Spagna ed avrebbe studiato a Saragozza, sotto la guida del Vescovo Valerio che gli conferì il diaconato. Ambedue furono arrestati dal prefetto Daziano. Vincenzo venne condannato a violente torture senza che la sua fede vacillasse. Per accrescere e prolungare le sue pene, i carnefici lo fecero guarire e poi rincominciarono lo strazio, lacerando le sue carni con un’unghia di ferro. Poi passarono a supplizi più atroci, ponendolo sul fuoco con una graticola fatta di lame di sega e spargendo sale sulla sua carne ustionata. Daziano, dopo aver sospeso le torture, lo fece rinchiudere in un carcere privo di giaciglio e con il pavimento cosparso di cocci e vetri, per impedirgli il sonno, ma intervennero gli angeli che lo distesero su un letto di fiori. Il prefetto, allora, lo fece trasportare su un morbido letto per farlo di nuovo ristabilire, per poi riprendere i supplizi. Ma l’anima del santo salì in cielo. Daziano, non soddisfatto. ordinò che il suo corpo venisse lasciato in pasto ad animali feroci, affinché non fosse sepolto. Alcuni corvi, però si posero a guardia del cadavere, respingendo gli altri animali, sicché Daziano decise di fare affondare il suo corpo, legandolo ad una macina di molino. Ma anche, in questo caso, intervenne Dio che lo fece galleggiare sin’a riva, dove i cristiani lo recuperarono e lo tumularono nei pressi di Sagunto, a Nord di Valencia.

Martirio di San Vincenzo

L’episodio della tortura, con la graticola sul fuoco e dei corvi, sopravvive ancora nello stemma dell’abbazia vulturnense, ma, soprattutto, della vicenda terrena di S.Vincenzo, si ha la testimonianza nel Chronicon, in una delle prime miniature dove viene rappresentato seduto su un trono mentre riceve dall’abate Giovanni VI, e da una altro monaco, i volumi manoscritti della storia del monastero. A terra, sotto i piedi di S. Vincenzo, si vede giacere il corpo senza vita di Daziano che viene definito : Dacianus homo profanus, con evidente riferimento alla persecuzioni che egli aveva rivolto contro il Santo di Saragozza.

Il culto di S.Vincenzo nella valle del Volturno, può essere considerato anche per altri aspetti, specialmente se si ritorna a considerare la leggenda relativa al sogno di Costantino che associò il santo spagnolo a Lorenzo e Stefano. In effetti i tre santi ebbero importanza perché rappresentavano i punti di riferimento e di unificazione di tre vaste aree geografiche : quella italica, il martire di Roma, S.Stefano quella orientale, essendo il martire di Gerusalemme, e S.Vincenzo, quella franco-ispanico, essendo il martire di Saragozza.

I Santi Vincenzo, Stefano e Lorenzo

Nel 703, Pandone, Tatone e Tasone, due fratelli ed un cugino, beneventani, di nobile origine, a seguito di una disputa con i loro familiari, decisero di allontanarsi dalla terra nativa. Prima di partire, avevano annunziato di volersi recare a Roma, mentre, in realtà, era un loro segreto desiderio recarsi in Gallia. Arrivati ai confini della Marsica, rimandarono indietro i loro servitori con cavalli e some, e proseguirono a piedi, dirigendosi verso la Sabina dove si fermarono ospiti di Tommaso di Morienna, abate di Farfa.

San Tommaso di Morienna

Costui si dichiarò disponibile ad accompagnarli a Roma in pellegrinaggio ma, per la strada li convinse a ritornare al suo monastero dove i tre principi avrebbero abbracciato la vita monastica. Non sono note le ragioni ed i termini del raggiunto accordo familiare che comportarono, per Pandone, Tatone e Tasone, la rinuncia a proseguire per la Gallia, ma, grazie ai buoni uffici di Tommaso, avendo risolto la lite, ottennero in concessione, dal duca Gisulfo di Benevento, quel territorio che risponde al bacino idrografico dell’Alto Volturno, comprese le sue sorgenti.

Tommaso di Morienna, nell’indicare ai tre nobili dove fermarsi e fondare il nuovo monastero, così si espresse: Dilettissimi figli, il luogo dove desidero che voi andiate, si trova dalle parti del Sannio, sulla riva del fiume Volturno, a circa mille passi da dove esso ha inizio. In quel luogo è situato un oratorio dedicato al nome di Vincenzo, martire di Cristo.

Il Chronicon Vulturnense riporta l’avvenimento, con dovizia di particolari e ricchezza di immagini miniate, e tutti i momenti dell’inizio della storia del monastero di S. Vincenzo, e delle difficoltà incontrate dai tre fondatori che, secondo la narrazione di S.Autperto, furono illuminati dalla presenza di un angelo che apparve loro, portando vino e farina in segno di benedizione e benvenuto, proprio nel luogo che l’abate di Farfa aveva indicato.

Chronicon Vulturnense

Pandone si assunse il compito di sovraintendente alla prima fase della organizzazione del nuovo monastero di S.Vincenzo, che andava a svilupparsi attorno a quell’edificio, ormai da tempo abbandonato, ma che era stato, probabilmente, la sede vescovile di Marcus Samninus. La scelta delle sorgenti del Volturno, ancora una volta, non era stato affatto casuale e, come per il passato, il luogo fu individuato sulla base di considerazioni strategiche, nell’ambito di una più vasta politica di controllo di questa parte centrale della penisola italica, con il preciso intento di impiantare una organizzazione monastica in quel territorio che, in quell’epoca, era quasi abbandonato e che, quasi certamente, coincideva con la scomparsa diocesi di Sannia. Nel mentre, seguendo un criterio già ampiamente adottato, le sedi vescovili dovevano ripetere la rete degli antichi municipi o prefetture, agevolmente raggiungibili con una giornata di cammino a piedi, come Venafro o Alfedena, Atina o Isernia, che, altrimenti sarebbero state troppo distanti tra loro.

All’abate Pandone successe, nel 720, Tasone che, contestato dai confratelli per l’eccessivo rigore della sua regola, fu sostituito dal fratello Tatone. Reintegrato Tasone dal papa Gregorio II, questi morì nel 729. Alla sua morte gli successe definitamente Tatone che visse sino al 739. Gli abati che seguirono furono Attone, Ermeperto, Giovanni I, ed il franco Ambrogio Autperto che rimase in carica sino all’ottobre 778, quando fu costretto alle dimissioni per contrasti con il monaco longobardo Potone.

Ambrogio Autperto

Nel 774, Carlomagno aveva confermato il suo potere nella penisola italiana, deponendo Desiderio ed attribuendosi anche il trono di Re dei Longobardi, con il sostegno di papa Adriano I.
Al franco Ambrogio Autperto deve attribuirsi il merito di aver intensificato i rapporti tra il monastero vulturnense e la corte reale carolingia, dalla quale proveniva. Infatti, in questo periodo, Carlomagno donò di numerosi privilegi il cenobio di San Vincenzo, di cui si ha memoria nelle trascrizioni del Chronicon Vulurnense, e, non potendo far altro, confermò ad esso le precedenti donazioni dei duchi Longobardi di Benevento.

Carlo Magno

Autperto, uomo di grande cultura, a S.Vincenzo ebbe modo di ampliare i suoi orizzonti, integrando i suoi obiettivi politici con la padronanza della Sacre Scritture.

Questa circostanza, per il periodo successivo del monastero, è da considerarsi positiva perché Autperto, di fatto, fu l’artefice della riorganizzazione sistematica dei principi della regola benedettina, nell’ambito della più vasta problematica del Cristianesimo, essendo riuscito ad esaltare, in termini programmatici più universali, tutto quanto la comunità monastica aveva accumulato nel proprio interno.

Prologo della Regola Benedettina
Regola Benedettina

La sua interpretazione degli scritti di S. Giovanni Evangelista ed il suo commento dell’Apocalisse, costituirono, in maniera decisiva, alla formazione di una cultura vulturnense che ebbe così carattere di assoluta originalità, anche per le conseguenze che si determinarono negli anni immediatamente successivi, sia sul piano della organizzazione monastica e delle strutture architettoniche, sia su quello del rapporto tra espressioni artistiche e simbologia.

Pipino il breve

Ambrogio Autperto nacque in Provenza, fu alla corte del Re Franco Pipino il Breve, precettore del futuro Imperatore Carlo magno. Venne in Italia ed ebbe modo di visitare la famosa abbazia di S.Vincenzo. Poco dopo la sua visita, decise di abbracciare la vita religiosa, soprattutto nel campo della teologia e della spiritualità. Nell’anno 761 venne ordinato sacerdote. Il 4 Ottobre del 777, venne eletto abate con il sostegno dei monaci franchi, mentre gli erano contrari quelli longobardi, favorevoli al longobardo Potone.

Sant’Agostino

Egli denunziò le contraddizioni tra la splendida apparenza esterna dei monasteri e la tiepidezza dei monaci, anche nella sua stessa abbazia. Per questo scrisse la vita dei tre fondatori, con lo scopo di offrire un termine di riferimento, con un piccolo trattato : Conflictus vitiorum et virtutum, pubblicato a Utrecht, nel 1473, sotto il nome di Gregorio Magno, che ebbe grande successo nel Medioevo. Un anno dopo, sotto quello di S: Agostino, in cui intendeva ammaestrare i monaci come affrontare i loro combattimenti spirituali, giorno per giorno. In questo trattato sul conflitto tra vizi e virtù, Autperto contrappone alla cupidigia il disprezzo del mondo. In aggiunta, poi, scrisse il trattato: De Cupiditate in cui, con l’apostolo Paolo, denunciò la cupidigia come la radice di tutti i mali. Il Signore, cioè, ha proposto solo due porte e due vie, cioè la porta stretta e quella larga, la via ripida e quella comoda. Anche il ricco deve trovare l’autentica strada dell’amore, e così della retta via, terminando la predica con parole di conforto : Ho parlato non contro gli avidi, ma contro l’avidità, non contro la natura, ma contro il vizio.

Cavalieri dell’Apocalisse

L’Opera più Importante di Ambrogio Autperto è sicuramente il suo commento, in dieci libri, sull’Apocalisse: Questi argomenti costituiscono, dopo secoli, il primo commento all’ultimo libro della Sacra scrittura. L’opera, in verità, era il frutto di un lavoro pluriennale, svoltosi in due tappe tra il 758 e il 767, quindi prima della sua elezione ad abate. Si collega con l’interpretazione dell’Apocalisse dell’africano Ticonio, che era vissuto una generazione prima di S.Agostino. Non era cattolico, era un donatista, ma era un grande teologo. Nel suo commento egli vede riflettersi, soprattutto nell’Apocalisse, il mistero della Chiesa. Ticonio era convinto che la Chiesa fosse un corpo bipartito : una parte appartenente a Cristo, un’altra al diavolo. Agostino lesse quanto enunciato, ma sottolineò che la Chiesa è nelle mani di Cristo, rimane il suo corpo, che forma con Lui un solo soggetto, per cui la Chiesa non può mai essere separata da Gesù Cristo.

Ticonio il donatista

Nella dimensione mistica che investe ogni cristiano, Ambrogio guardò a Maria, come modello della Chiesa, modello per tutti noi. In questo senso, Autperto vide un ruolo decisivo della Vergine Maria, nell’opera di redenzione, anticipando S. Bernardo e la mistica francescana. Con buona ragione, quindi, Ambrogio Autperto fu considerato il più grande mariologo dell’ Occidente. Seppe scoprire, infatti, il vero volto delle Chiesa in Maria, e nei Santi. E seppe così capire che cosa vuol dire essere cattolico, essere cristiano, vivere della parola di Dio, vivere il mistero della Madre di Dio, dare nuova nuova vita alla parola di Dio. Seppe capire che solo con la ricerca teologica Dio non può essere conosciuto realmente com’è. Solo con l’amore lo si raggiunge.

Beata Vergine Mediatrice
San Francesco

Tornando al dissidio esistente, questo non venne risolto e , qualche anno dopo, quando alla morte dell’abate succeduto ad Autperto, fu eletto Potone, anno 782, il dissidio tornò a divampare e si giunse alla denuncia del nuovo abate presso Carlomagno. Questi rinviò il dissidio al tribunale del Pontefice, il quale li convocò a Roma. Chiamò come testimone Autperto che, però, durante il viaggio morì, forse ucciso, il 30 Gennaio 784.

Nel 774, Carlomagno aveva confermato il suo potere sulla penisola, deponendo Desiderio ed attribuendosi il trono di re dei Longobardi, con il sostegno di Papa Adriano I. Da questo momento vengono recuperati i modelli di riferimento a base della politica carolingia. Carlomagno dotò il il cenobio di San Vincenzo di numerosi privilegi, di cui si ha memoria nelle trascrizioni del Chronicon Vulurnense. Questa circostanza, per il secolo successivo del monastero, dovrà considerarsi positiva perché Autperto, di fatto, era stato l’artefice della riorganizzazione dei principi della regola benedettina.

Papa Adriano I

Carlo Martello aveva chiuso definitivamente la partita con la dinastia merovingia, affidò, quindi, di fatto il potere ai propri figli che furono investiti del titolo di major domi. A Carlomanno fu assegnata l’Austrasia, la Svevia e la Turingia, mentre a Pipino il controllo della Neustria, della Borgogna e della Provenza, insieme,poi, avrebbero amministrato l’Aqquitania e la Baviera.

Carlo Martello
Bertrada di Laon

Pipino aveva sposato Bertrada di Laon, da cui, nell’aprile del 742, aveva avuto il figlio Carlomagno, a cui, per educare il piccolo, bisognava trovare un maestro che avesse la capacità di educarlo ad una visione globale della realtà. Fu in quel momento che cominciò la carriera di Ambrogio Autperto che apparve a Pipino come la persona ideale per dar corpo al suo progetto. Autperto apparteneva a quella schiera di giovani studiosi della Provenza che avevano trovato, nelle regole dei benedettini, una fondamentale educazione culturale, senza comunque prendere parte attiva alla vita monastica. Esistono ragionevoli motivi per ritenere che egli abbia conosciuto un trattato scritto da Cosma Indicopleuste che, dal Sinai, si diffuse anche in Occidente.

Mondo tabernacolo di Cosma Indicopleuste

Cosma di Antioca, coetaneo di Giustiniano, era nato ad Alessandria d’Egitto verso la fine del V secolo. Il suo desiderio di conoscere il mondo lo aveva portato a girare non solo nel mediterraneo, ma anche nell’altra parte del mondo conosciuto, cioè, fino all’India. Aveva letto attentamente i testi biblici che l’avevano ispirato. L’universo teologico, ossia, che sotto la terra esisteva il vuoto e che era il cielo che si appoggiava ai limiti di una terra che aveva la forma rettangolare. In questa immagine la terra rappresentava il presente, il cielo il futuro. Sulla terra vi sono gli uomini che si muovono su una grande isola circondata dagli oceani, oltre i quali vi sono i pilastri del mondo ed il paradiso terrestre. In alto, i cieli rappresentavano il futuro degli uomini, al di sotto del quale si muovevano gli angeli che spostavano gli astri, senza possibilità di salire dove c’era la luce di Dio. Cosma, quindi, fu il primo che provò a fare un disegno dell’universo teologico. L’universo come un cofanetto trasparente, all’interno del quale si trovava la grande montagna su cui era posta Gerusalemme. Il sole entrava e usciva provocando la notte quando girava dietro la montagna di Gerusalemme. Il resto del mondo erano gli oceani. Il paradiso terrestre si appoggiava alla terra, come una tenda celeste trapunta di stelle.

Autperto era rimasto impressionato da quel disegno che potrebbe aver conosciuto in una delle tante edizioni degli scritti benedettini. L’universo era ridotto semplicemente ad una realtà di quattro livelli. In basso, sotto la terra, vi era la parte più bassa che corrispondeva alle tenebre, Al livello superiore c’era la terra dove gli uomini appoggiavano i propri piedi, Il terzo livello corrispondeva alla tenda cosmica che avvolgeva le terra. Sulla grande cupola si muovono gli astri che sono gli elementi attraverso i quali la luce giunge alla terra. Gli angeli muovono le stelle in maniera che la loro luce poteva illuminare gli uomini. Il firmamento in cui c’erano le finestre attraverso cui lo spirito di Dio scendeva sulla terra e attraverso le quali lo spirito della terra tornava a Dio. L’ultimo livello era quella della luce. Quella luce in cui non vi erano le tenebre e che era l’obiettivo finale del processo di salvezza dell’uomo quando aspirava a raggiungere l’Apocalisse.

Per Pipino, Autperto era la persona ideale che avesse la capacità di collocare la sua avventura politica, in un contesto universale, Egli aveva compreso il senso della storia, fin dalla Creazione. Insieme a Lui, arrivarono a corte i più stretti collaboratori. Una vera e propria squadra di intellettuali che avrebbero formato il nucleo pensante delle strategie di Pipino. Fra essi il giovane Josue che poi sarebbe diventato abate di San Vincenzo al Volturno, e la cui sorella avrebbe sposato uno dei figli di Carlomagno.
Tra questi un certo Rodicauso che avrebbe avuto un ruolo determinante nella vita di Ambrogio.

Abate Josue

Questo è l’ambiente, umano e politico in cui Autperto iniziò la sua avventura. Capì che trasformare in realtà i progetti politici di Pipino sarebbe stato il suo compito Perciò si trovò ad essere la persona più informata di tutte le iniziative di Pipino, sentendosi responsabile della formazione mentale di chi avrebbe dovuto concretamente gestire il futuro di una storia che era nella mente del Re.

Bertrada, moglie di Pipino, si era adeguata alle esigenze. Sapeva che l’educazione di Carlo sarebbe stato un affare di stato.
Carlo cresceva tra le cure di Bertrada e gli insegnamenti di Autperto, il quale aveva il doppio compito di maestro e di diretto collaboratore di Pipino, affinché fosse consapevole dello scenario che si andava delineando. Autperto influì sul comportamento di Pipino nel chiedere al fratello Carlomanno, non solo di diventare il magister domi di tutto il regno, ma di allontanarsi dalla Francia. Fatto sta che il mite Carlomanno rinunciò a tutto, ritirandosi nel monastero di Montecassino. Pipino, perciò, inviò due messaggeri al papa Zaccaria, per chiedergli di intervenire, presso il palazzo reale, ad incoronarlo ufficialmente re dei Franchi.

Carlo Martello divide il Regno dei Franchi tra i suoi figli Pipino e Carlomanno

In quella occasione, Carlomanno fu determinante per una operazione che sembrava religiosa, ma era sostanzialmente politica perché avrebbe avuto ritorni di immagine in tutto il mondo di allora e, soprattutto, agli occhi dell’imperatore di Oriente. Ovviamente, essendo la domanda accompagnata dall’ offerta del controllo papale dell’Esarcato, la risposta era scontata. Era il 752.

Morto l’anziano papa Zaccaria, la curia elesse papa Stefano che rimase sul seggio tre giorni, prima di morire per un colpo apoplettico. Due giorni dopo, un altro papa di nome Stefano, anche lui romano, prendeva le redini della Chiesa.

Astolfo

Le cose si mettevano male perché una sollecitazione contraria veniva espressa da Astolfo, re dei Longobardi che intanto si muoveva nell’Esarcato di Ravenna e , soprattutto, da Costantino V, imperatore di Oriente che non voleva mettersi contro Astolfo che, intanto, si muoveva nell’Esarcato di Ravenna per assoggettarlo al suo potere.
Pipino inviò una nuova ambasceria per una risposta precisa, nonostante Astolfo si facesse più minaccioso e Costantino non era ben disposto.
Pipino il Breve aveva bisogno del consenso della Chiesa, per spianare la strada al figlio Carlomagno. Il papa, così, decise di chiedere aiuto ai Franchi e la storia dell Chiesa prese un nuovo corso.
Il Papa Stefano, comunque, decise di compiere un altro tentativo per convincere Astolfo, ma questi, per tutta risposta, si predispose ad invadere Roma. Dopo un inutile incontro a Pavia con Astolfo, alla fine del 753, il Papa decise di accettare l’aiuto di Pipino ed il 6 Gennaio del 754, superate le Alpi, raggiunse Ponthion, dove Pipino l’attendeva. Carlomagno compiva allora 12 anni

Papa Stefano II

Pipino giurò che avrebbe concesso Ravenna e l’Esarcato alla Chiesa ed il Papa, assumendosi anche i poteri che spettavano all’imperatore d’Oriente, consacrò definitamente Pipino, con la sua benedizione. Astolfo, prima di passare alle vie di fatto tentò una contromossa convincendo Carlomanno a lasciare Montecassino, perché intervenisse contro le decisioni del fratello Pipino e soprattutto del Papa
Papa Stefano II non fece una piega. Anzi, nel mese di Aprile, prima di lasciare il palazzo di Pipino, decise di tenere una cerimonia di investitura ufficiale più eclatante, invocando S.Dionici perché benedicesse Pipino come Re dei Franchi, minacciando di scomunica chiunque non avesse accettato i legittimi titolari della corona esclusivamente i suoi discendenti. Il primo che pagò in questo nuovo scenario fu proprio Carlomanno che, tornato nella sua terra, dopo aver lasciato Montecassino, fu arrestato e drammaticamente ammazzato, e rimandato a Montecassino per la sua sepoltura.

Autperto affidò al suo nunzio apostolico il compito di preannunziare una sua visita, con il suo seguito, Rodicaso, Josue, Gregorio Savino,Martiniano,Leminoso, Garibaldo,ed Aduardo, ed altri, che avvenne, passando sul ponte di legno che costituiva l’unico accesso alla città monastica.
Nel 739, il capitolo vulturnense aveva eletto come abate Attone. Con Attone S. Vincenzo cominciava ad essere una abbazia territoriale con varie concessioni dei duchi di Benevento,e voleva che il complesso crescesse con nuove chiese.

Ma, nel mentre alle Sorgenti del Volturno la vita scorreva ritmata dalla regola di S. Benedetto. Carlomagno, superate le Alpi, nel 774, con il suo esercito, confermava il suo potere nella penisola deponendo Desiderio ed attribuendosi il trono di re dei Longobardi, con il sostegno di Papa Adriano I. I monasteri meridionali fornirono la fonte giuridica, storica, artistica e letteraria alla quale, poi, attinse tutta la cultura nordica.

Vi sono seri motivi per ritenere che Carlomagno si sia incontrato a S.Vincenzo con il suo maestro Autperto e che sia stato ospitato fra le mura del Monastero. L’arrivo nel monastero più importante della Longobardia meridionale significava per Carlomagno la fine di un percorso militare e l’inizio di una stabilizzazione politica che il padre Pipino aveva da tempo sognato. Ambrogio Autperto, da quel momento, avrebbe costituito la testa di ponte perché si intensificassero i rapporti tra il monastero vulturense e la corte reale carolingia. Perciò, Carlomagno dotò il cernobio di S.Vincenzo di notevoli privilegi e, non potendo far altro, confermò ad esso le precedenti donazioni dei duchi longobardi.

La politica di Pipino, è ovvio, puntava alla omologazione culturale delle aree in cui aveva diretto le sue mire espansionistiche. Autperto divenne abate, rimanendo in carica per poco più di un anno e tre mesi, dal 18 luglio 777 al 13 Ottobre 778. Ma la sua elezione trovò non pochi avversari all’interno della comunità. Tra coloro che capeggiavano l’opposizione vi era anche Potone, ovviamente da parte longobarda, che mal digeriva una presenza franca così scomoda. Il monastero apparteneva a quella parte della Longobardia Minore, che, facendo capo al Ducato di Benevento, non era mai entrata a far parte dell’area sottoposta al dominio carolingio. Ma ormai, si stavano ponendo le basi per una sorta di acquiescenza alla penetrazione dei Franchi.

Autperto, uomo di grande cultura, a S. Vincenzo ebbe modo di ampliare gli orizzonti, integrando i suoi obiettivi politici, con le conoscenze delle Sacre Scritture. Riorganizzò i principi della regola benedettina e riuscì ad esaltare tutto quanto la comunità monastica aveva accumulato al proprio interno.
Era un momento estremamente travagliato, dove si vivevano gli scontri tra la fazione longobarda e quella franca.
L’elezione di Autperto, nel 777, alla morte dell’abate Giovanni I era stata contestata dalla fazione longobarda che aveva dato luogo ad un vero scisma.

I primi segni del dissidio si manifestarono subito dopo il 15 Agosto del 777. Autperto era stato eletto due settimane prima, alla fine di Luglio, durante un capitolo piuttosto burrascoso. L’Abate Giovanni I era appena morto e, subito dopo il rito della sepoltura, il priore aveva convocato il capitolo per procedere all’elezione del nuovo abate. La longamano franca non si limitava alla presenza fisica del drappello che, inviato da Pipino il breve, da oltre venti anni vi risiedeva, ma anche ad una certa adesione alla ideologia carolingia che era la conseguenza dell’occupazione militare da parte della penisola italiana da parte di Carlomagno. Nei monasteri, il particolarismo longobardo cominciava a sentire il fascino di quell’universalismo che dalla Provenza si allargava a tutta l’Europa.

Apocalisse di San Giovanni

Autperto non era solo una espressione politica. Con le sue interpretazioni dell’Apocalisse di S. Giovanni e la sua rivoluzionaria interpretazione teologica dell’Assunzione di Maria in cielo, sembrava aver dato una soluzione teologica all’universalismo di Carlomagno, La sua elezione fu un fatto talmente straordinario che lo stesso Carlomagno non ne rimase indifferente. Decise, perciò, di tornare un seconda volta a validificare politicamente quell’avvicendamento, alla guida del monastero più importante del suo regno.
La presenza di Carlomagno, al suo insediamento, avrebbe potuto significare non solo un cambiamento politico, ma l’inizio di una concezione teologica che prendeva vita nel più importante monastero della Longobardia minore.

Negli ultimi anni la figura di Autperto è venuta prepotentemente alla ribalta e una grande parte di scritti, che erano stati attribuiti ad altri autori, adesso vengono ricondotti alla sua mano. Primi fra tutti quelli di natura teologica. La questione fondamentale da risolvere era quella relativa alla natura divina della Madonna e se, al momento della sua morte, fosse stata stata assunta in cielo solo con la sua anima o anche col suo corpo. Il Trattato che Ambrogio Autperto scrive per dimostrare che Maria, essendo Madre di Dio, sia stata assunta in cielo con tutto il corpo è di straordinaria importanza nella storia della Cristianità perché sul piano teologico, risolve un problema apparentemente irrisolvibile e nel quale, Papa Pio XII, nel 1950, vi pose definitamente fine, proclamando il dogma dell’Assunta.

Pio XII


L’interpretazione teologica delle proprie tesi da Autperto viene esplicitata sotto forma di sermone ai monaci che lo stanno ascoltando : Questo è, fratelli carissimi, un giorno sicuramente importante E’ un giorno di solennità per tutti i Santi. E’ questo un giorno particolarmente luminoso, un giorno famoso. Il giorno in cui riteniamo che la Vergine Maria abbia lasciato questa terra.

Il giorno dell’anno a cui Ambrogio si riferisce nel suo sermone è il 15 Agosto e se, all’occhio del profano, l’istituzione della festa dell’Assunta poteva apparire come una banale fissazione di una ricorrenza, per la fazione longobarda del monastero, quella indicazione liturgica si connotava come l’inizio di una rivoluzione irreversibile. La figura di Maria Assunta in Cielo, ormai, avrebbe assunto un’importanza straordinaria e avrebbe costituito il riferimento formale capace di sostituire la titolarità simbolica che i longobardi avevano identificato, dal momento della loro discesa in Italia, nella protezione di S.Michele Arcangelo.

San Michele Arcangelo

La disputa tra la fazione longobarda e quella franca non rimaneva collocata nell’ambito di una interpretazione teologica. Non era la visione angelica che si poneva in discussione:Potone capiva che sarebbe stata messa in discussione l’ autonomia decisionale del Monastero. Sul piano teologico S.Michele Arcangelo avrebbe assunto il ruolo di semplice esecutore di ordini, di fronte alla potenza di Maria. Sul piano ideologico, avrebbe significato una subordinazione alle tesi dei Franchi.

I fatti che seguirono, sul piano pratico, si trasformò in una violenta disputa tra Autperto e Potone. Il dissidio si radicò a tal punto che Autperto fu costretto da Potone a dare le sue dimissioni. Si era trovato un accordo eleggendo, come abate Airirad che resse il monastero per tre anni. Alla sua morte nel 781, Potone riuscì a farsi eleggere, scatenando le ire di Carlomagno che ottenne la sua destituzione accusandolo di brogli elettorali. Di Più, al salmo per invocare la protezione divina sui Re e la sua famiglia, da parte dei giovani frati, Potone si era rifiutato ed era uscito dalla chiesa.

Nel processo, tra prove ed accuse davanti al Papa Adriano I, Autperto. che doveva essere un importante testimone, nel recarsi a Roma, inspiegabilmente morì. Forse fu ucciso, e Potone fu reintegrato delle sue funzioni, morendo meno di due anni dopo.

L’Abate Epifanio resse la badia di S.Vincenzo al Volturno, dall’824 all’842. Il suo lungo priorato coincise con la fase di massimo splendore del monastero, testimoniato da una serie di lavori di ristrutturazione volti ad elevare di più il suo prestigio.
Secondo fonti dell’epoca, compreso il Chronicon Volturnense (1130), l’abate si preoccupò di gestire al meglio il vasto patrimonio monastico, salvaguardandolo dalle usurpazioni dei feudatari laici.
La scoperta dei ruderi dell’antico monastero si deve ad un contadino di Castel S.Vincenzo, a pochi chilometri dal sito archeologico, che, il 10 maggio 1832, si calò in un ambiente sotterraneo del tutto affrescato. Mentre arava un suo podere, infatti, la terra si aprì facendo emergere dopo secoli il sacello. Era la cripta che Epifanio aveva fatto costruire per accogliere il suo sepolcro, poco prima di morire nell’842, sopravvivendoravvisse al saccheggio Saraceno del 10 Ottobre 842.
L’ipogeo, nella porta interna, venne scavato al di sotto del presbitero della chiesa di S. Maria Insula, ormai del tutto scomparsa.

Dopo decenni di abbandono e di incuria, all’inizio del Novecento, si effettuarono i primi interventi per restaurare i cicli pittorici che tutt’ora possiamo ammirare nella loro bellezza. Sono un raro esempio di pittura altomedievale, che, dal 1900, sono oggetto di studi specialistici. I dipinti, che coprono le pareti e la cupola, ,rappresentano scene della vita della Madonna e di Cristo, del martirio di S.Lorenzo e S.Stefano e gli ultimi episodi dell’Apocalisse di S. Giovanni Evangelista.

Affreschi Cripta di Epifanio

Ai piedi della Croce, nella scena della Crocefissione, troviamo un uomo inginocchiato la cui testa è cinta da una aureola quadrata. E’ la raffigurazione di Epifanio, che era ancora in vita, quando venne realizzato, come testimonia il riquadro sul suo capo. L’intero complesso pittorico, considerato tra i più importanti dell’Alto Medioevo europeo, ha un pregiato valore estetico per le sue caratteristiche, e riassume buona parte della simbologia dell’epoca. In particolare, si evidenzia la centralità della Madonna nei progetti di salvezza di Dio, un lascito teologico di Ambrogio Autperto. Il Monaco, che aveva preso i voti nell’abbazia molisana, come risulta, fu un autore prolifico, commentando l’Apocalisse d di S. Giovanni e riflettendo sul ruolo della Vergine Maria nei progetti divini. Il 4 Ottobre 777, inoltre, venne eletto abate, cercando inutilmente di porre fine alla tensioni tra i frati franchi e longobardi.
Un particolare effetto ottico attirò l’attenzione degli studiosi fin da subito. L’ambiente era illuminato dalla luce proveniente da una piccola finestra, posta di fronte alla piccola abside. Il fascio luminoso, entrando nel sacello, penetrava verso la conca absidale, rischiarando l’angelo ritratto nella parte centrale degli affreschi. Si viene così a creare una fascia di luce radente che fa emergere, nell’oscurità, la figura di Cristo, il Salvatore.

Cripta di Epifanio

Nella realtà, ormai, la politica di Carlomagno e il suo identificarsi in Costantino il grande, per una “ renovatio romani imperi “, avevano ineluttabilmente posto le basi per un profondo stravolgimento politico, in cui, però rimaneva costante la continuità religiosa della regola benedettina.

L’abbazia di S. Vincenzo rimaneva uno dei tanti presidi monastici regolati dalle regole del patriarca Benedetto da Norcia ed era vicina a Montecassino, in linea d’aria, posta a poco più di venti miglia, ma era stata determinante per la edificazione di una città monastica che, in ogni senso, doveva costituire una vera e propria Gerusalemme terrena.

Non fu per caso che nel periodo in cui Autperto era stato abate di S. Vincenzo, il collaboratore più fedele sia stato il nobile Giosuè che era stato con lui dal primo momento dell’ insediamento nel monastero del Volturno: Giosuè, che dotato di una formidabile cultura, aveva pure il privilegio di essere fratello di colei che aveva sposato Ludovico il Pio, uno dei diciassette figli di Carlomagno. Quel Ludovico che poi divenne l’ imperatore d’Europa.

Nel’ area troviamo anche la sala dei profeti, Michea e Geremia. Gli Imperatori tedeschi Lotario II e Lotario III riuscirono a salvare gli affreschi dai Saraceni.

A titolo personale, affermo che vi sarebbe bisogno di restauri agli splendidi affreschi della cripta poiché essi versano in cattive condizioni.
L’abbazia di San Vincenzo potrebbe essere un polo di attrazione per l’Europa.