La zona di Casalpiano si colloca in una ampia superficie pianeggiante di media collina posta ai margini del Basso Molise, attraversata, anche nel sottosuolo, dal corso del fiume Biferno.
Il paesaggio è caratterizzato dal tratturo Celano-Foggia, importante strada in terra battuta che trova qui uno dei tratti meglio conservati. Nel periodo repubblicano questo territorio era parte integrante dell’agro della antica Larinum.

In questo lasso di tempo (IV-V sec .C.) la zona presentava una serie di insediamenti fortificati tra cui alcuni di buone dimensioni, tra i più significativi vanno annoverati quello di Lucito, quello di monte Mauro, quello di Guardiola presso Guardalfiera, e quello di Gerunium presso Casacalenda.
Ad essi può essere aggiunto il vicus di Sicalenum, il cui nome,è oggi noto attraverso una importante iscrizione romana voluta dagli incolae Sicaleni, conservata in una chiesa di Casacalenda. Essa ci conferma l’antichità del nome di Casacalenda : Casa(le)(si)calena.

Altri insediamenti rurali, che trovano documentazione per periodi anche successivi, sono probabilmente da collocare ad Ovindoli e ed a San Barbato, sempre nell’agro di Casacalenda ed in località Vicenne-Fonte Maggio, nei pressi della vicina Petrella, dove è da riconoscere la presenza di una villa romana di proprietà della gens Apia.
L’area di Casalpiano fu probabilmente interessata da alcuni importanti episodi della seconda guerra punica. Annibale, infatti, nel 217 a.C. si diresse in questa zona con l’intenzione di depositare il bottino preso ai Romani e di passare l’inverno a Gerunium. In questo frangente le tribù sannite subirono il peso del pugno di ferro di Annibale in più di un’occasione, forse perché Egli cercava di convincerle che Roma le stava abbandonando alla sua non troppo tenera potestà

Probabilmente per questo atteggiamento le popolazioni sannite si avvicinarono a Roma e furono proprio loro, lo stesso anno, ad infliggere la prima sconfitta a Cartagine.
L’opportuna comparsa vicino a Gerunium di ottomila uomini della fanteria sannita e di cinquemila cavalieri guidati dal pentro Numerio Decimo di Bovianum, salvò dalla disfatta il romano M. Minucio Rufo, turbolento magister equitum dei Fabii, e Annibale fu costretto a ritrarsi con qualche perdita.

Attorno a Gerunium, tra i campi di grano saccheggiati da Annibale, in questo lasso di tempo per recuperare le vettovaglie che gli mancavano, sono probabilmente da annoverare quelli di Casalpiano. Qui infatti, sotto la chiesa di Santa Maria, già sorgeva un insediamento rurale di cui restano poche, non significative tracce consistenti in frammenti di ceramica a vernice nera risalenti a questo periodo, cosa che si ritrova anche in altri siti.

Questo insediamento rurale, molto probabilmente proprio a seguito del succitato conflitto, sarà ampliato ed ammodernato, e documenti dell’importanza del ritrovamento sono i pavimenti in signino, sorprendentemente ben conservati, posti a lato della chiesa di Santa Maria. Il tipo di pavimentazione consiste nel distribuire sul piano, dopo opportuna preparazione, uno strato di malta mista a frammenti di tegole ed altro materiale ridotto in polvere; tecnica ben conosciuta a Cartagine, che trovò rapida diffusione anche in Italia, forse proprio dopo le guerre puniche.
Tra i prigionieri cartaginesi dovevano esservi maestranze in grado di realizzare questo raffinato tipo di pavimento che si diffuse in Italia, proprio dopo il II secolo d.C; sono questi i pavimenti Poenica marmore Numidico constrata.
A Casalpiano sono stati rinvenuti fino ad ora almeno quattro di questi pavimenti di cui due in buono stato di conservazione.
Quello meglio conservato è un pavimento in battuto bianco ( massicciata di calcestruzzo composta di calce bianca, pozzolana e polvere, ma anche a scaglie) detto anche cementum marmoreum, ornato da tessere nere distribuite secondo un ordito a reticolo di losanghe delimitato da una semplice riquadratura lineare.
In questa area archeologica sono stati scoperti anche i resti di una villa romana del periodo imperiale, la residenza di Rectina, amica di Plinio il Vecchio e da questi salvata nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio a Pompei.

Già prima del sesto secolo d.C., però, l’area venne trasformata in una necropoli ed ad oggi sono state scoperte più di 50 donne, uomini e bambini.
Rispetto al periodo altomedievale non ci sono notizie certe, ma intorno all’anno mille devono essere state edificate due chiese: Santa Maria e Santo Apollinare. Quest’ultima oggi non esiste più ed è ancora incerta la sua collocazione, mentre l’odierna chiesa di Santa Maria è con una tipica struttura in stile romanico molisano, diffuso tra XIII e XIV secolo, ed è il frutto di una successiva trasformazione nel ‘500 prima e nel ‘700 poi, che ne hanno modificato l’orientamento e le decorazioni. Al lato dell’attuale chiesa si trovano i resti monumentali di un altro edificio religioso di cui è ancora incerta la datazione, considerate le notevoli dimensioni e l’altezza della struttura probabilmente risalente al periodo gotizzante.

A Casalpiano è stato individuato, con certezza, un calidarium. Gli elementi strutturali, ad esso connesso, fanno pensare a trasformazioni subite dalla stesse terme. L’impianto di Casalpiano si presenta nella forma più elaborata in quanto qui sono stati rinvenuti i tubuli, sorta di tubi in cotto che permettevano alla aria calda di distribuirsi uniformemente lungo le pareti.
Era in queste terme che faceva i bagni Rectina, personaggio ben noto al mondo archeologico per essere ricordata in una epigrafe romana rinvenuta proprio qui, l’iscrizione era stata fatta a ricordo di questa donna scampata alla eruzione del Vesuvio del 79 d.c., da ciò l’ara, quale ex voto, innalzata da un liberto per il ritorno della domina.

La nostra Rectina, dunque, aveva un splendida villa presso il Capo Miseno, dalla parte di Ercolano, la zona dove si recavano a fare i bagni le famiglie più ricche e notabili dell’epoca. L’iscrizione trovata a Casalpiano ci rende certi che la padrona della nostra villa riuscì a trovare il modo di salvarsi al punto di andare a trascorrere il resto del tempo a Casalpiano. Dalle parole di Plinio il giovane si ricava che la donna, amica di Plinio il vecchio, era vedova di Caesius Bassus, amico ed editore di un altro grande scrittore latino, Persio, morto durante l’eruzione del Vesuvio, per altri ancora, Tuscus. Rectina, a giudicare dalla iscrizione, era della gens Salvia. Nella villa lavorarono la coppia di schiavi Natalis e Primigenius
Le terme della nostra villa presentano, già completo, l’ordinamento del bagno romano che era composto da tre apposite camere : Il frigidarium, il tepidarium, ed il calidarium, preceduti dall’apodyterium. Questa successione era una preparazione ad una perfetta riuscita del bagno, ed a questi locali va aggiunto il laconicum, la camera destinata alla essudazioni.

Il riscaldamento del pavimento, come delle pareti, veniva ottenuto mediante l’immissione di vapore caldo proveniente da una calda camera sotterranea, era quindi un bagno di sudore completato con massaggi e seguito da lavaggi in acqua calda e fredda
Fino ad allora sono state trovate più di cinquanta tombe relative a uomini, donne e bambini, ossia l’ambiente della cultura latina.
I dati sono i fatti storici che hanno interessato il Sannio, nel periodo degli Ostrogoti e durante la guerra greco-gotica.
Alarico, infatti, dopo la scomparsa del generale romano Stilicone, accusato ingiustamente di tradimento, ripionbò in Italia con i suoi Visigoti, saccheggiò prima Roma per tre giorni, quindi mosse per l’Italia Meridionale.
Con Decreto, perciò, dell’otto maggio 413, le provincie di Tuscia, Picenum, Samniun, Apulia, Calabria, Brutium e Lucania, furono esentate da contribuzioni per 5 anni.

L’altro episodio, quello della guerra greco-gotica, può datarsi al 535, con lo sbarco delle armate bizantine in Sicilia: la guerra durò con alterne vicende ben venti lunghi anni, causando il collasso economico e demografico di tutta la penisola. Le operazioni militari videro il Sannio più volte al centro di scontri per il ruolo strategico che la regione aveva nel collegare le provincie centro-settentrionali con le provincie dell’ Apulia e della Calabria, a cui erano legati i rifornimenti di grano ed i porti da cui potevano affluire i rinforzi dall’Oriente.
Il Re goto Totila però riprese, proprio nel 545, ai Bizantini le provincie meridionali realizzando la sua rivoluzione agricola tendente ad allontanare i coloni dai proprietari, riscuotendo il canone direttamente.
Proprio su questa realtà si riversa l’invasione longobarda che porterà alla scomparsa dei ricchi funzionari Bizantini. Ad essi si sostituiranno i guerrieri longobardi mentre i confini di queste aziende, come quella di Casalpiano, dopo aver mutato la loro condizione schiavile in una dipendenza da chi detienne il potere, torneranno a coltivare le loro terre versando, come contributo, un terzo dei loro prodotti.

Nella seconda metà del VII secolo, poi, nel Sannio incominceranno a comparire le farae, insediamenti rurali di questo periodo, di cui una poco nota presso la vicina Guardialfiera ed accanto ad esse gli stanziamenti benedettini.
Ne è una conferma la ricostruzione fatta eseguire dall’arciprete di Morrone, don Ippolito de Monsiliis , terminata nel 1531.
La chiesa di Santa Maria subisce successivamente anche altre trasformazioni ; tra queste una delle più decise è quella operata da Monsignor Pianetti, che di Santa Maria di Casalpiano è abate tra il 1706 ed il 1725, anno della sua morte. Il Pianetti, che divenne anche vescovo della diocesi di Larino, oltre a costruire gran parte del muro sinistro della chiesa, molto probabilmente è colui che decise di far ruotare completamente la chiesa su stessa, spostandone l’abside sul lato opposto e ponendo il portale al posto della prima. Questa trasformazione, leggibile sulle strutture dell’attuale parte posteriore, sono percepibili anche sull’attuale ingresso, dove le successive trasformazioni non hanno cancellato i resti dell’antica abside. A Lui è anche da attribuire la costruzione dell’attuale campanile. Il nuovo portale, basso e tozzo, verrà modificato e ricostruito, in stile neoclassico del dopo guerra anche per agevolare l‘ingresso e l’uscita delle statua della Vergine ; della vecchia decorazione resteranno le piastrelle datate 189, poste sopra l’attuale portale con la rappresentazione di San Michele.

Ben poco è possibile dire sul battistero, la cui cronologia è variamente interpretata; se certamente viene costruito prima del campanile, a cui è sottoposto, nonostante qualche rifacimento piuttosto recente, come la finestra gotica sull’ingresso e l’interno, e ben poco riescono a dire i dati d’archivio: tanto meno permettono di affermare i dati archeologici, se non che le strutture perimetrali sono circondate da tombe di cui, però, si attende lo scavo.
I dati archeologici ci consentono di affermare che quelle pietre lavorate sono relative alla chiesa parrocchiale preromana di Santa Maria di Casalpiano; la conformazione di due di questi massi ci permette di stabilire che lungo le pareti si aprissero archi decorati.
Non lontano dalla badia, sempre nelle campagne di Morrone, si incontra un secondo importante complesso Sacro : il Convento di San Nazario, risalente alla prima metà del XV secolo. L’edificio conserva un bellissimo chiostro, molto interessante dal punto di vista architettonico. L’edificio è annesso all’omonimo comune, ed ha un sola navata ed è stato sempre famoso per il bellissimo altare di marmo. In esso c’è una tela di un anonimo pittore di Lupara.

Secondo varie fonti il convento fu fondato nel 1410 a spese della famiglia Carafa. Ma ciò non è confermato dal fatto che tale famiglia ebbe una signoria a Morrone dal 1556 al 1590, quindi in epoca successiva.
Si sa, inoltre, che il convento ospitava nel 1593 otto religiosi che ricevevano le decime da molti contadini dell’agro limitrofo.
Nel 1776 ospitava novizi, nel 1867 fu chiusa in attesa di Restauri.
E’ auspicabile che la zona venga valorizzata per la sua bellezza,vista la nascita anche di un elegante agriturismo dal nome di Chalet di Casalpiano, il cui proprietario ha anche le chiavi della chiesa per coloro che vogliono vistare internamente lo Stabile.

Morrone del Sannio ha una delle viste più belle del Molise perché si può spaziare dalle montagne del Matese alle Isole Tremiti. Ma ha anche la frase che le attribuisce : un pezzo di paradiso sospeso nel cielo.
